Ieri ho indossato il kimono che utilizzo per fare meditazione.
Ma a me piace dire "il vestito che uso per entrare dentro me stessa".
Non riuscivo a concentrarmi.
Ero esasperata dal caldo e dall'idea di fallimento.
Avevo finito le tele e la mia pigrizia mi ha impedito di andarle a comprare.
Mi sono alzata di scatto dalla sedia e ho preso i colori.
Colori a caso. Quelli che mi sono capitati per primi. Io ci credo troppo al destino.
E' così che nascono le opere d'arte: senza saperlo.
Ho fissato il muro, sembrava troppo verde acqua.
Sembrava vuoto, esangue, emaciato.
Come l'incarnato di un burocrate che sta chiuso sempre nel suo ufficio.
E non esce mai.
In realtà non esce, e non entra. Sta.
Ho dipinto sul muro. Sul muro di casa mia.
E nemmeno coi pennelli.
Ieri, non mi sono piaciuti. Ho utilizzato le spugnette.
Ho rotto la sua calma. E la sua piattezza.
Il Sole si è spiattellato lì senza permesso.
Quest'Arte è mefistofelicamente lucente.
La prossima vittima, il pavimento.
O, se ci arrivo, il soffitto.
Le scale mi fanno, ancora, tremendamente paura.
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