Levante, con la canzone "Gesù Cristo sono io", riesce a creare una suggestiva metafora di forza.
Potrebbe sembrare che l'artista assuma un atteggiamento di patologico narcisismo, ma entra nelle ferite delle vittime di violenza domestica o psicologica per mano di partner tracotanti e al limite della frustrazione.
Troppe volte messe in croce, fissate per bene con chiodi appuntiti e martelli più grandi della voglia di liberarsi.
Hanno tutti preferito "Barabba".
Il capolavoro non ha molto a che fare con la religiosità, bensì con la temerarietà delle donne.
Un inno alla coralità femminile ed alla centralità delle capacità autonome delle madri, delle sorelle, delle studentesse, delle amiche, delle fidanzate, delle mogli, delle astronaute, delle avvocatesse, delle insegnanti, delle giornaliste...
Gesù Cristo viene riconosciuto come figura spiritualmente imbattibile, quasi come se fosse un primo motore immobile (Aristotele), e dunque il fine meno arrivabile ma più ambito.
E' stato il Bene teleologico ( finalismo assoluto).
Per cui le donne, nel testo "levantiano", sono eroine, sono amazzoni, sono gli unici centri propulsivi di loro stesse.
Non si sono genuflesse: ce l'hanno fatta, ce la faranno, ce la devono fare.
Arriverà la liberazione come la rottura dell'oscurità nella quale, alcune, sono state costrette a sopravvivere.
Gesù Cristo come le donne, oppure le donne come Gesù Cristo.
Levante vuole donare respiro vero, senza soffocare.
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